Ville e palazzi storici a San Cesario sul Panaro, Castelfranco Emilia e Nonantola

Paola Felicani – Gabriella Malagoli – Natascia Reggiani – Giovanni Maria Sperandini. A cura di Giovanni Maria Sperandini

Premessa

Nell’accingerci a questo lavoro di raccolta e schedature di eventi storici e caratteristiche architettoniche inerenti le ville ed i palazzi storici dei territori comunali di San Cesario sul Panaro, Castelfranco Emilia e Nonantola, ci siamo posti l’obiettivo primario di far conoscere ai nostri lettori i fasti collegati alle prestigiose dimore patrizie sorte nel nostro circondario nei secoli passati, quando la dimensione rurale di queste contrade trovò la massima esplicazione in fiorenti centri aziendali la cui esistenza ricevette il massimo supporto ai forti interessi e dagli ingenti capitali conferiti dalla nobiltà cittadina. Ed insieme a questo aspetto economico – sociale, laddove è stato possibile, si è cercato di ricostruire anche le vicende storiche vissute dalle illustri casate che, con la loro presenza ed il loro carisma, contribuirono a fare del nostro territorio uno dei luoghi più appetibili sia per gli utili conseguiti sia per le delizie godute in sontuose residenze immerse in parchi lussureggianti, palcoscenico naturale di un mondo dalle dimensioni fiabesche che non avrebbero mai visto protagonista la folla di mezzadri e contadini che col loro ingrato lavoro contribuirono alle fortune di questa nobiltà. La nostra terra è contrassegnata dalla ricchezza delle sue acque: il fiume, le risorgive e gli antichi canali hanno offerto nel corso dei secoli fertilità ai campi e risorse all’uomo. Il Panaro, la Muzza, il canl Chiaro e la Zena, oggi individuata in parte del corso del canal Torbido, testimoniano come gli uomini di questi luoghi abbiano sempre fatto i conti con le acque, elemento da governare, da sfruttare, da temere. E’ stata pure per molti secoli territorio di confine, dapprima tra Longobardi e Bizantini, poi tra i comuni di Modena ghibellina e della guelfa Bologna, infine fra il Ducato di Modena e lo Stato Pontificio. La generosità di queste contrade aveva però suscitato l’interesse umano fin dalla più lontana antichità: dai terramaricoli che ne percorsero i sentieri durante le frenetiche cacce all’abbondante selvaggina o alla ricerca dei copiosi frutti che la natura offriva con generosa dovizia, la storia del territorio si è dipanata instancabilmente attraverso successive e continue occupazioni. Dai Celti, agli Etruschi, ai Romani fuun susseguirsi di presenze che con un duro lavoro contribuirono a renderne i terreni veri e propri giardini, ricchi di grano ed altre preziose messi. La lunga parentesi barbarica, che aveva riportato al tempo dell’incolto e delle paludi, rese ancor più meritoria l’opera intrapresa dai monaci benedettini nonantolani che su queste terre abbandonate ripercorsero le tappe dei loro antichi predecessori, aggiungendovi abbondantemente del proprio, e riportando il circondario a quelle potenzialità produttive che nei secoli successivi avrebbero acuito l’interesse della ricca nobiltà cittadina. […..]

Gli autori